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Distante dallo stereotipo futuristico di Hanna&Barbera e dei loro cartoon pieni di auto volanti, capsule per il trasporto ed ogni genere di apparecchiature avveniristiche, le smart city sono sempre più una realtà. Obiettivi? Inclusione e sostenibilità.
“Città intelligente” traduzione, appunto, di smart city non è sinonimo di “città digitale”.
L’elemento determinante per definire una città “smart”, infatti, non è la tecnologia di cui dispone, ma il suo capitale sociale che le tecnologie digitali più avanzate hanno il compito di far emergere e valorizzare.
Secondo la definizione di Wikipedia, la smart city è: “un insieme di strategie di pianificazione finalizzate ad innovare e ottimizzare i servizi pubblici in un’ottica di crescita sostenibile, capace di mettere in stretta relazione le infrastrutture materiali di una città con il suo capitale umano, intellettuale e sociale”.
Capitale umano, servizi pubblici efficienti ed innovativi e crescita sostenibile, dunque, sono i capisaldi di una città intelligente.

Cosa serve per definire una città “smart”?

Il miglioramento della qualità della vita dei cittadini, delle loro relazioni sociali ed istituzionali, con il mondo del lavoro e della cultura locale viene affidato dal punto di vista infrastrutturale alle nuove tecnologie della mobilità, della comunicazione e dell’informazione e all’utilizzo efficiente delle risorse energetiche di cui la città dispone.
In particolare, le infrastrutture dell’informazione e della comunicazione, la loro qualità e disponibilità e, infine, il grado di integrazione con quelle materiali sono fondamentali per l’inclusione sociale e la partecipazione attiva dei cittadini alla vita sociale ed istituzionale della città.
Dal punto di vista economico, invece, la città smart è quella in grado di utilizzare le tecnologie digitali per aumentare la prosperità dei propri abitanti e la sua stessa competitività riuscendo ad attrarre nuove imprese o ad innovare il suo tessuto imprenditoriale tradizionale.
Dal punto di vista ambientale è necessario pianificare lo sviluppo della città facendo attenzione alla sua sostenibilità ed allo sfruttamento sicuro e rinnovabile del patrimonio naturale in un contesto dove le risorse sono scarse ed il territorio sempre più fragile.

L’esperienza italiana

In Italia, l’Osservatorio Nazionale Smart City (costituito su iniziativa dell’ANCI) si occupa di implementare a livello locale la cornice di sviluppo delle smart cities definita a livello europeo, elaborando analisi e modelli, ma soprattutto, raccogliendo esperienze replicabili da mettere a disposizione dei Comuni italiani con lo scopo di ispirare nuove iniziative che costituiscano delle best practice da condividere.
Un esempio virtuoso di “smart city” è il progetto Perugia.zip, finalizzato a integrare infrastrutture e servizi digitali facilmente utilizzabili dai cittadini.
Puntando sull’ICT e sul capitale sociale, il piano strategico, sviluppato da Comune e Regione Umbria punta ad innescare uno sviluppo urbano sostenibile capace di ridurre le distanze tra amministrazione, cittadini ed imprese.
Il primo passo per raggiungere gli obiettivi fissati dal piano è rappresentato dall’accordo tra Comune e Cisco, multinazionale dell’Hi-Tech, che porterà alla realizzazione di Fontivegge Smart Gate, un’intera area della città in cui i professionisti della comunicazione digitale potranno lavorare, connettersi, apprendere e creare. Fontivegge è il quartiere che ospita la stazione ferroviaria e che verrà sottoposto agli interventi di riqualificazione urbanistica necessari alla creazione del contesto adatto ad attrarre talenti e aiutare le imprese a sviluppare prodotti e servizi innovativi.
Al di là delle tecnologie di cui saranno dotate le città nei prossimi anni, il loro futuro dipenderà ancora da chi le abita, dalla partecipazione diretta dei cittadini alle decisioni che riguardano l’intera comunità e le misure da attuare, ma anche dai piccoli comportamenti di tutti i giorni a partire dalla riduzione degli sprechi e da un uso efficiente delle risorse energetiche.